La poesia narra di un cane che viene descritto come brutto, nero e non di razza, ma che è sempre rimasto fedele al suo padrone. Il vecchio lo ama incondizionatamente perché è l'unico tra tutti i suoi amici a rimanergli sempre al fianco. Inizialmente per indicare il cane viene usato il termine “buffo” con un valore dispregiativo, ma il vecchio lo difende perché riconosce che esteticamente è brutto, ma gli si è affezionato ed è diventato la sua “compagnia”. La poesia finisce con un commento del vecchio, nel quale puntualizza che ciò che è importante non è l’aspetto del cane, bensì sono le azioni che compie. La morale di questa poesia è che non si deve giudicare o avere pregiudizi nei confronti di qualcun altro per via del colore della pelle o di qualsiasi altro pretesto. Ciò che dovremmo tenere in considerazione quando si conosce una persona è ciò che essa è al suo interno, non ciò che noi vediamo dall’esterno senza averci mai parlato; il colore della pelle non definisce una persona. Trilussa utilizza il cane come metafora dell’uomo e la parola “razza” anche se, parlando degli essere umani, non si può usare questo termine poiché non siamo suddivisi in razze.
Trilussa è il nome d’arte di Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri. Il poeta è nato a Roma nel 1871 ed è stato anche un giornalista e scrittore italiano, famoso per i suoi scritti in dialetto romanesco. Ebbe un'infanzia difficile a causa della morte prematura della sorella e del padre. Frequentò la prima e la seconda elementare, ma dovette ripetere l’anno. Passato in terza non continuò gli studi a causa del suo scarso impegno. Durante la guerra scrisse numerose opere pubblicate da Mondadori e nel 1950 venne nominato senatore per il suo contributo letterario. Morì il 21 dicembre dello stesso anno e le sue ultime parole furono “Mò me ne vado”.
Le poesie sono sottovalutate soprattutto dai giovani, ma esse trasmettono messaggi importanti. Questa poesia in particolare ribadisce quanto sia importante amare o voler bene con il cuore anziché, come troppe volte succede, con gli occhi. Tutti dovremmo ricordarci l’importanza di conoscere una persona senza giudicare ed avere pregiudizi, ciò che conta sono le sue azioni, non il colore della sua pelle. Se ognuno di noi considerasse le persone come l’uomo della poesia considera il cane, vivremo in un mondo migliore, più sereno e felice. Ancora oggi le persone nere vengono definite violente, persone da cui è meglio stare alla larga perché potrebbero portare sulla brutta strada. Troppi uomini spesso si dimenticano che “le azzioni bone e belle vengheno su dar core sotto qualunque pelle”. Ognuno di noi dovrebbe avere l’obbligo di abbattere l’ignoranza dell’uomo nei confronti della diversità. Abbiamo tutti la stessa importanza e siamo profondamente e fortunatamente diversi ed è questa la nostra forza e la nostra bellezza. Amiamoci come il vecchio ha amato quel cane, perché alla fine sarebbe noioso se fossimo tutti uguali, no?
Presentazione realizzata da Nicole Schluderbacher, Liceo Filzi di Rovereto.