Mi chiamo Lili, vivo a Londra, ho 16 anni e suono il pianoforte da quando ne ho sei. Mi piace abbandonarmi completamente alla bellezza della musica, e a quella quiete che assaporo quando sfumo le ultime note di un pezzo particolarmente difficile, mi fa sentire viva, capace, almeno in una cosa, visto che con i ragazzi non va poi così bene. Nemmeno con la mia famiglia le cose vanno benissimo, che in realtà è composta da me e mia madre, perché mio padre non l’ho mai conosciuto, vive a Los Angeles e non si è mai interessato a me. Mia madre è schizofrenica, borderline? non saprei come definirla. So solo che a volte è euforica, troppo, a volte è triste, troppo, e io non so mai bene come prenderla. Ho sempre pensato che la mia vita sarebbe stata comune, ordinaria. Scuola, qualche fidanzato, poi un lavoro, forse una famiglia. Ma mi sbagliavo, non avevo considerato il «fattore Curtis», o, tradotto, un ragazzo bellissimo, che suona da dio che mi ascolta suonare e che mi invita a suonare nella sua band, come bassista. Io, a suonare un basso? Non ci avrei mai creduto. E da quel giorno la mia vita è diventata un imprevisto. La passione per la band, il successo, l’amore maledetto con Curtis e poi William, la sua dolcezza, l’IRA, le bombe. A volte la tua vita può prendere direzioni impensabili, è sufficiente un sì oppure un no a una semplice domanda e tutto cambia. Nell’estate rovente del 1976 è successo a me, ve lo posso assicurare.